Il crepuscolo -pensai allora- è solo un'illusione, perché il sole è sempre così sopra o sotto la linea dell'orizzonte. Ciò significa che il giorno e la notte sono legati come poche altre cose al mondo, non possono esistere l'uno senza l'altro e tuttavia non possono esistere insieme. Come ci si può sentire, pensai, quando si è sempre uniti e sempre divisi?

lunedì 30 luglio 2012

Perplessità...

Sì, davvero, resto perplessa davanti al comportamento di determinate persone. Non mi reputo una persona che conduce una vita "normale". Anzi, spesso esco dai canoni, dal così detto seminato, e vivo una vita che è solo mia. Ma ciò non toglie, che spesso, sono costretta a sorprendermi davanti agli atteggiamenti di determinate persone. Forse non ho la capacità di scandagliare il loro intimo, per quanto mi reputi in grado di farlo, anche con persone che di solito conosco in maniera molto marginale. Tempo fa, proprio in questo sito, parlavo di un'amicizia incrinata, da ragioni che sinceramente non condivido. Sono convinta di non avere colpe in tal senso, convinta di aver sempre contribuito ad alimentarla, anche se io stessa per prima ho avuto qualche dubbio. Ma ho sempre glissato, cercando di dare comunque una motivazione a determinate cose. Poi, improvvisamente, e sinceramente anche inaspettatamente, son stata tacciata d'arrivismo. Per me è la peggior offesa che possano infliggermi, perché quando decido di allacciare una relazione con qualcuno, è perché son certa che comunque ci siano dei punti in comune, che ci siano i presupposti affinché determinati argomenti possano legarci, perché son convinta che la pelle non menta, e se a pelle sento affinità, difficilmente mi tiro indietro.
Ora non riesco neanche più a seguire il discorso, tanto è il mio risentimento, e il dolore che alcuni atteggiamenti mi provocano. Nessuno, e dico nessuno, può avere la presunzione di giudicarmi in materia d'amicizia, do e ho sempre dato più di quanto ho mai ricevuto. E invece! Bum! Arrivano le critiche e l'incapacità di comprendere che il percorso della vita, in alcuni momenti è tempestato da milioni di problemi e pensieri, e che non si può  essere sempre al centro della vita delle persone. E che alcune persone non sono il perno della tua vita.
Be' dopo questo preambolo, che forse ho compreso solo io, mi chiedo perché, se qualcuno ha deciso di cancellarti dalla sua vita, improvvisamente vi si riaffaccia con uno "smile"? E' possibile che non ci si renda conto dell'atteggiamento offensivo nei confronti di qualcuno che in un determinato momento della propria vita, è stato costretto a pensare a se stesso, assorbito completamente dai suoi problemi, tanto da mettere un muro con il mondo circostante? Possibile che chi sostiene di esserti amico, non capisca che comunque il muro eretto, se di muro in realtà si vuol parlare, si è costruito, mattone su mattone, esclusivamente perché non era possibile fare altrimenti? E se una persona ti comprende veramente, è mai possibile che non si sia resa conto che alcune dinamiche della tua vita, siano completamente diverse da quelle della sua, e che abbia valutato solamente l'apparenza? Io non so più cosa pensare, né come comportarmi. Il mio affetto per "te", mi dice di assecondare quello "smile"...ma di contro, la mia razionalità mi impone di restare comunque a distanza. Sono rimasta ferita, lo giuro, perché al di là del mio essere stata scontante, ho creduto in noi, ho creduto in quel legame che si era instaurato, al di là delle motivazioni per le quali si era venuto a creare. E tu, invece, a quanto pare, sei stata prevenuta....Chissà se il "va' dove ti porta il cuore" è una soluzione giusta. Comincio a dubitarne.

lunedì 9 luglio 2012

Inviti superflui

Vorrei che tu venissi da me in una sera d'inverno e, stretti assieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo. Per gli stessi sentieri fatati passammo infatti tu ed io, con passi timidi, insieme andammo per le foreste piene di lupi, e i medesimi genii ci spianavano dai ciuffi di muschio sospesi alle torri, tra svolazzare di corvi. Insieme, senza saperlo, di là forse guardammo entrambi la vita misteriosa, che ci aspettava. Ivi palpitarono in noi per la prima volta pazzi e teneri desideri. "Ti ricordi?" ci diremo l'un l'altro, stringendoci dolcemente, nella calda stanza, e tu mi sorriderai fiduciosa mentre fuori daran tetro suono le lamiere scosse dal vento. Ma tu - ora mi ricordo - non conosci le favole antiche dei re senza nome, degli orchi e dei giardini stregati. Mai passasti, rapita, sotto gli alberi magici che parlano con voce umana, nè battesti mai alla porta del castello deserto, nè camminasti nella notte verso il lume lontano lontano, nè ti addormentasti sotto le stelle d'Oriente, cullata da piroga sacra. Dietro i vetri, nella sera d'inverno, probabilmente noi rimarremmo muti, io perdendomi nelle favole morte, tu in altre cure a me ignote. Io chiederei "Ti ricordi?", ma tu non ricorderesti.

Vorrei con te passeggiare, un giorno di primavera, col cielo di color grigio e ancora qualche vecchia foglia dell'anno prima trascinata per le strade dal vento, nei quartieri della periferia; e che fosse domenica. In tali contrade nascono spesso pensieri malinconici e grandi; e in date ora vaga la poesia, congiungendo i cuori di quelli che si vogliono bene. Nascono inoltre speranze che non si sanno dire, favorite dagli orizzonti sterminati dietro le case, dai treni fuggenti, dalle nuvole del settentrione. Ci terremmo semplicemente per mano e andremo con passo leggero, dicendo cose insensate, stupide e care. Fino a che si accenderanno i lampioni e dai casamenti squallidi usciranno le storie sinistre della città, le avventure, i vagheggiati romanzi. E allora noi taceremo sempre tenendoci per mano, poichè le anime si parlano senza parola. Ma tu - adesso mi ricordo - non mi dicesti cose insensate, stupide e care. Nè puoi quindi amare quelle domeniche che io dico, nè l'anima tua sa parlare alla mia in silenzio, nè riconosci all'ora giusta l'incantesimo della città, nè le speranze che scendono dal settentrione. Tu preferisci le luci, la folla, gli uomini che ti guardano, le vie dove dicono si possa incontrare fortuna. Tu sei diversa da me e se venissi quel giorno a passeggiare, ti lamenteresti di essere stanca; solo questo e nient'altro.

Vorrei anche andare con te d'estate in una valle solitaria, continuamente ridendo per le cose più semplici, ad esplorare i segreti dei boschi, delle strade bianche, di certe case abbandonate. Fermarci sul ponte di legno a guardare l'acqua che passa, ascoltare nei pali del telefono quella lunga storia senza fine che viene da un capo del mondo e chissà dove andrà mai. E strappare i fiori dei prati e qui, distesi sull'erba, nel silenzio del sole, contemplare gli abissi del cielo e le bianche nuvolette che passano e le cime delle montagne. Tu diresti "Che bello!" Niente altro diresti perchè noi saremmo felici; avendo il nostro corpo perduto il peso degli anni, le anime divenute fresche, come fossero nate allora.

Ma tu - ora che ci penso - tu ti guarderesti attorno senza capire, ho paura, e ti fermeresti preoccuoata a esaminare una calza, mi chiederesti un'altra sigaretta, impaziente di fare ritorno. E non diresti "Che bello!", ma altre povere cose che a me non importano. Perchè purtroppo sei fatta così. E non saremmo neppure per un istante felici.

Vorrei pure - lasciami dire - vorrei con te sottobraccio attraversare le grandi vie della città in un tramonto di novembre, quando il cielo è di puro cristallo. Quando i fantasmi della vita corrono sopra le cupole e sfiorano la gente nera, in fondo alla fossa delle strade, già colma di inquietudini. Quando memorie di età beate e nuovi presagi passano sopra la terra, lasciando sopra di sè una specie di musica. Con la candida superbia dei bambini guarderemo le facce degli altri, migliaia e migliaia, che a fiumi ci trascorrono accanto. Noi manderemo senza saperlo luce di gioia e tutti saran costretti a guardarci, non per invidia e malanimo; bensì sorridendo un poco, con sentimento di bontà, per via della sera che guarisce le debolezze dell'uomo. Ma tu - lo capisco bene - invece di guardare il cielo di cristallo e gli aerei colonnati battuti dall'estremo sole, vorrai fermarti a guardare le vetrine, gli ori, le ricchezze, le sete, quelle cose meschine. E non ti accorgerai quindi dei fantasmi, nè dei presentimenti che passano, nè ti sentirai, come me, chiamata a sorte orgogliosa. Nè udresti quella specie di musica, nè capiresti perchè la gente ci guardi con occhi buoni. Tu penseresti al tuo povero domani e inutilmente sopra di te le statue d'oro sulle guglie alzeranno le spade sugli ultimi raggi. Ed io sarei solo. E' inutile. Forse tutte queste sono sciocchezze, e tu migliore di me, non presumendo tanto dalla vita. Forse hai ragione tu e sarebbe stupido tentare. Ma almeno, questo sì almeno, vorrei rivederti. Sia quel che sia, noi staremo insieme in qualche modo, e troveremo la gioia. Non importa se di giorno o di notte, d'estate o d'autunno, in un paese sconosciuto, in una casa disadorna, in una squallida locanda. Mi basterà averti vicina. Io non starò qui ad ascoltare - ti prometto - gli scricchiolii misteriosi del tetto, nè guarderò le nubi, nè darò retta alle musiche o al vento. Rinuncerò a queste cose inutili, che pure io amo. Avrò pazienza se non capirai ciò che ti dico, se parlerai di fatti a me strani, se ti lamenterai dei vestiti e dei soldi. Non ci saranno la cosiddetta poesia, le comuni speranze, le mestizie così amiche all'amore. Ma io ti avrò vicina. E riusciremo, vedrai, a essere abbastanza felici, con molta semplicità, uomo con donna solamente, come suole accadere in ogni parte del mondo.
Ma tu - adesso che ci penso - sei troppo lontana, centinaia e centinaia di chilometri difficili da valicare, tu sei dentro a una vita che ignoro, e gli altri uomini ti sono accanto, a cui probabilmente sorridi, come a me nei tempi passati. Ed è bastato poco perchè ti dimenticassi di me. Probabilmente non riesci più a ricordare il mio nome. Io sono ormai uscito da te, confuso fra le innumerevoli ombre. Eppure non so pensare che a te, e mi piace dirti queste cose.

Dino Buzzati